Ci sono momenti nella giornata in cui scrivere diventa un piacere. Per me il caffè non è un piacere.
Ah, incauto che passi da queste parti e ti prendi anche la briga di leggere le poche cazzate che ogni tanto decido di pubblicare. Bada bene, eh. Non mi assumo responsabilità alcuna per eventuali danni a cose e persone. Parliamoci chiaro.
Ma veniamo al dunque. Vorrei usarvi come cavie per un piccolo esperimento. Perchè quelle facce? Non preoccupatevi. Non farà male. Non troppo, almeno.
Leggete e ditemi che ne pensate.
Il viottolo era disseminato di stelle cadute. Saltellava da una pozzanghera all’altra, le braccia al cielo. Rideva. La pioggia non accennava a smettere, ma lui rideva. Non aveva bisogno d’altro. Le gocce tamburellavano sui ciottoli. Girò vorticosamente su se stesso, scivolando più volte. Cadde, e si ritrovo faccia al cielo. Strizzò gli occhi.
No, è già finito? Sì. In parte, è la bozza di una seconda bozza rielaborata. Avevo bisogno di scrivere qualcosa. So benissimo che posso anche smettere di picchiettare su ‘sti tasti, se quello che riesco a ricavarne sono quelle quattro righe, ma che dirvi. Pazienza.